Garbage In, Garbage Out


L’espressione “Garbage In, Garbage Out” è tipica del mondo dell’informatica e della comunicazione. Era un modo molto usato dagli sviluppatori per ricordare e ricordarsi che

i computer elaborano in modo acritico anche un insieme di dati in entrata palesemente insensati (garbage in) producendo, a loro volta, un risultato insensato (garbage out)

da wikipedia

E proprio questa espressione ci torna utile per riflettere su quello che sta succedendo. Queste prime settimane di scuola a distanza ci hanno fatto scoprire l’utilità delle tecnologie anche in ambito didattico. Anche chi era molto scettico, coglie le opportunità offerte, in una situazione come questa, dalla tecnologia.

Dobbiamo però, una volta superate paure e ritrosie, evitare di cadere nell’errore opposto: farci prendere dall’entusiasmo e vedere nella tecnologia la soluzione a tutti i nostri problemi. Ricordiamoci che la tecnologia è uno strumento – un mezzo – e la vera differenza (nel bene e nel male) la facciamo noi, quando scegliamo come usarla e cosa “metterci”.

Se un docente è rimasto ancorato alla didattica trasmissiva più tradizionale (spiegazione in aula, studio a casa e interrogazione per vedere se i ragazzi hanno assimilato i contenuti) la tecnologia non lo aiuterà a far evolvere la sua didattica. Farà semplicemente la stessa lezione ma in videoconferenza (con l’alta probabilità che i risultati siano anche peggiori rispetto alla performance tradizionale in presenza).

Per questo non dovremmo mai dimenticarci del principio “Garbage In, Garbatge Out”. La prima attenzione deve essere a cosa si mette nelle lezioni a distanza, o meglio a quale impostazione pedagogica si sceglie di aderire. Questo momento, in cui sono inevitabilmente crollate le ansie per il “programma” – perché anche il Ministero riconosce che non si potrà fare tutto quello che si era previsto – è forse una grande occasione – non avendo nulla da perdere – per sperimentare approcci attivi (per esempio lezioni flipped) e per dare spazio all’esperienza e al protagonismo dei ragazzi. Se ripensiamo a quello che diceva John Dewey in Democrazia e educazione

Perciò il primo approccio a qualsiasi argomento nelle scuole dovrebbe essere il meno scolastico possibile, se si vuole risvegliare il pensiero e non insegnare delle parole. Per comprendere ciò che significa un’esperienza o una situazione empirica, dobbiamo richiamare alla mente il genere di situazione che si presenta fuori della scuola; il genere di occupazione che interessa e impegna l’attività nella vita ordinaria.

John Dewey, Democrazia e educazione in John Dewey, Il mio credo pedagogico. Antologia di scritti sull’educazione, La nuova Italia, 1954 p.158

forse ci troviamo, paradossalmente, in un tempo che ci spinge proprio a sperimentare una didattica sempre più “attiva”, dove sempre più scuola e vita sono ricollegate.


immagine di copertina di Carla Burke da Pixabay